Quell'anno ritrovammo tutti i nostri amici, un'allegra combriccola chiassosa che per quindici giorni avrebbe vissuto con noi la vacanza estiva.
Riabbracciare Paolone, dal sorriso ingenuo, o sedersi con Annunciatina a canticchiare " Sul cappello", chiacchierare sulla battigia con Giancarlo o Davide, lasciando le carrozzelle sotto l'ombrellone, era la migliore dimensione di vacanza in condivisione cui potessimo aspirare, dimenticando per un po' lo stress della vita di tutti i giorni.
Eravamo un eterogeneo assembramento di ragazzi handicappati, adolescenti, famiglie, con una gran voglia di vivere insieme il mare: l'ospitalità dell'albergo era squisita, lo staff molto disponibile ed in spiaggia c'era un cordiale clima di benvenuto da parte dei turisti.
Insomma, un bell'ambiente.
L'unica del gruppo che se ne stava un po' discosta era Bianchina: ai margini della comitiva, silenziosa, con occhietti neri da falco scrutava il nostro gruppo vociante e rumoroso. In carrozzella dalla nascita, ben oltre la mezza età, Bianchina sicuramente nella vita aveva imparato a sviluppare una buona dose di diffidenza verso il mondo, tanto che stringeva sempre a sè la sua piccola borsa anche se era con persone che conosceva, non lasciandola a nessuno: conoscendola, sapevo che si sforzava di essere ad ogni costo indipendente e teneva assolutamente alla sua privacy,
La mia piccola di quattro anni gironzolava tra i ragazzi handy, allegra e socievole, solo un poco intimorita dall'aria arcigna inalberata da Bianchina, diffidente come suo solito nel vedersi attorno tanta gente, così non me la presi quando questa apostrofò Giuditta intimandole di girare al largo dalla sua carrozzina.
Ci godemmo la nostra vacanza, scandita da giochi in spiaggia, risate, canti con la chitarra e tanti bagni di mare con i ragazzi handy, oppure, mano nella mano, passeggiando sulla battigia, a raccogliere conchiglie....
Giuditta nei confronti di Bianchina mostrava sempre una certa ritrosia: l' osservava da una certa distanza mentre era sotto l'ombrellone, la bandana in testa, lo sguardo severo, il naso un po' adunco ( somigliava un po', diceva la piccola, alla strega di Biancaneve...).
Quando si distribuivano i ghiaccioli, l'incarico veniva sempre affidato alla mia bambina, in qualità di mascotte del gruppo e lei si guardava bene dal passare sotto quell'ombrellone, preferendo fare un lungo giro sulla sabbia cocente.
Giuditta prestò la sua bambola preferita per l' immancabile scherzo, cioè infilata nel letto di Paolone che non sopportava i pupazzi, aiutò a trasportare col suo secchiello una montagna di sabbia nel letto di Diego, il capo animatore e una sera con Nucci , davanti al falò in spiaggia, cantò con lei a squarciagola la sua canzone preferita, "Sul cappello".
Ero felice in questi momenti perchè la piccola mostrava di accettare tutti, senza alcun problema nei confronti delle diversità dei suoi nuovi amici.
L'unica perplessità era la sua ritrosia per Bianchina, accuratamente tenuta a distanza: tentai perciò di spiegarle, con tatto, che non doveva essere facile per lei, bloccata su quella carrozzella, fare amicizia con gli altri, perciò ci si doveva armare di pazienza e gentilezza e darle tempo.
La mia piccola, con fare pensoso, mi ascoltò, poi se ne tornò correndo da Diego, l'animatore dei giochi, in parvenza come se nulla fosse stato detto.
Nel pomeriggio c'era in programma una gara di palloncini e tutti, ragazzi, accompagnatori e bagnanti erano coinvolti.
Seguendo vari percorsi, i pertecipanti dovevano affrontare alcune prove, acquisendo il maggior numero di palloncini come premio: tutti erano in fibrillazione e Giuditta, che adorava i palloncini, non stava più nella pelle per vincerne qualcuno.
Solo Bianchina non volle partecipare, rimanendo all'ombra ad osservare.
Naturalmente fu un gran divertimento, condito da grida, risate, capitomboli sulla sabbia, coi villeggianti che giocavano insieme ai ragazzi con grande affiatamento, così al termine dei giochi ci ritrovammo a gustare insieme una bella fetta d'anguria fresca sotto gli ombrelloni, accaldati ma soddisfatti.
Ogni tanto, alcuni palloncini colorati sfuggivano per aria, trasportati dal vento verso il mare cristallino o venivano fatti scoppiare, tra grandi risate.
Mentre dividevo la mia fetta d'anguria con Paolone, improvvisamente mi accorsi che Giudi non era seduta accanto a me: mi misi quindi a cercarla preoccupata, mentre tutti erano intenti a godersi la merenda di frutta. Chiamandola a gran voce sotto gli ombrelloni, pensavo di trovarla seduta tra i ragazzi, ma Diego mi fermò quasi subito e col braccio m'indicò un angolo ombreggiato del giardino dell'albergo. E rimasi immobile, basita.
Là, al centro del vialetto, Giuditta se ne stava ritta a piedi nudi, il suo palloncino rosa trattenuto dallo spago sottile stretto nella sua manina: davanti a lei Bianchina, la solita espressione chiusa e diffidente, l'osservava dalla sua carrozzina.
Senza una parola, le due si osservarono per un po', poi con decisione la bambina allungò il braccino verso Bianchina porgendole il nastro del suo palloncino rosa, l'unico che la piccola avesse vinto nel corso dei giochi.
Rimanemmo fermi, Diego ed io, la gola stretta per l'emozione, temendo di disturbare un momento così intimo: Bianchina dapprima strinse gli occhi e parve chiudersi in se stessa rifiutando il piccolo dono, poi piano piano allungò il braccio magro e afferrò lo spago del palloncino con le sue dita scarne.
Con un trillo felice Giuditta si mise a saltellare battendo le manine, mentre Bianchina, incredibilmente, le sfiorò i riccioli scuri sfuggiti dal cappellino co una carezza leggera.
Sorrisi: la semplice spontaneità della bambina aveva trovato il modo di rompere il ghiaccio per avvicinare una persona difficile e chiusa, un gesto nato dal desiderio di rendere partecipe qualcuno della propria gioia, donando una piccola cosa. Bianchina sorrideva, evento quanto mai raro, la mano rugosa tesa in una carezza verso la mia piccola.
Non volli interrompere la serenità di quel momento: sussultai, invece, per l'improvviso scatto fotografico di Tanino, un amico, che l'aveva immortalato sulla pellicola.
Così quell'anno nacque una nuova amicizia da quell'incontro davvero speciale sotto l'ombrellone della spiaggia, che ancora mi emoziona perchè negli anni a venire, dopo che Bianchina è mancata, la splendida fotografia scattata da Tanino è rimasta nell'album tra i ricordi più dolci di mia figlia: l'ha intitolata "Un palloncino rosa può voler dire amicizia".