1954. Il signor Belloggi, portinaio occupato presso la palazzina "Bellavista", di Via Oprandi, a Lovere, s'è trovato in un bell'impiccio per aiutare la figliuola nei compiti assegnati dalla signora Maestra. Si vorrebbe, infatti, dalla figliuola che ella descrivesse alla Maestra "quel che conta". Nessuna spiegazione, nessun ausilio per svolgere un tale gravoso incombente ed ora egli si duole di aver acconsentito ad assistere la ragazzina nel suo ufficio.
Sale timoroso le scale, il Belloggi, con l'intento di bussare alla porta di uno dei signori che occupano le lussuose sale della palazzina "Bellavista", per chiedere lumi. Un bel vedere, che Dio si voglia. Gli pare, al Belloggi, che il signor Bonaventura indugi lungamente sui numeri; non gli è chiaro se egli si fregi del titolo di contabile o di signor Ragioniere, ma l'è convinto, nella sua buona fede, che il Bonaventura gli possa dare una qualche indicazione buona sul compito della figliuola. Senz'altro ci vuole qualcuno che di conti se ne intenda.
Apre un po' stizzito il Bonaventura; indispettito dall'audacia, per cosi dire, sfrontata, quasi irriguardosa, secondo lui, del Belloggi che con modesto, ma coraggioso verbo gli domanda che cosa sia "queI che conta". "Per diamine, scior Belloggi, l'é i denari che si conta. I denari che fan girare le nostre economie, le nostre attività, i nostri affari. Senza i denari nulla sono i numeri. Vuoti simboli del niente i numeri, senza la moneta" incalza il Bonaventura, stupefatto da tanta ingenua dabbenaggine. Gli par di colloquiare con un fanciullino di primo pelo.
D'altro canto al Belloggi non piace affatto l'idea di istruire la figliuola a cotanta materiale aspirazione.
Si prova, dunque, a bussare alla porta della signora Bellanima, opulenta consorte del signor Segretario del Comune. "Con permesso, sciora Bellanima", si affaccia il Belloggi sull'uscio, con incerto passo sul Kilim che, gliel'ha detto la comare Benvenuta, il signor Segretario ha fatto venire proprio dalla Turchia. "Hanno certi ori, certi vasi, certe suppellettili che nessun se le sogna" ha spifferato la comare alle vicine e la voce l'è giunta fino al portinaio. "Sciora Bellanima" si incoraggia il Belloggi "mi può incalzare la figliuola nel suggerire alla signora Maestra una forma, una parvenza di quel che conta?". La Bellanima non ha remora alcuna nell'elencare le bellezze del suo cuore: le sete fruscianti, i velluti, i delicati intrecci dei caucasici adagiati sui marmi, i vetri ricercati di Murano che il signor Segretario ha ordinato per la dimora, le ceramiche raffinate, i preziosi che le adornano le dita.
ll Belloggi, ancor più frastornato, sale una rampa di scale. Non gli sembra un buon esordio per la giovane figliuola di raccontare alla Maestra che "quel che conta" é la mobilia di casa o i monili per magnificare il corpo.
Alla porta della famiglia Bianconi, si affaccia il figliuolo che già attende alla scuola media.
"Quel che conta", rimugina il giovane Bianconi. "Son io che gioco alla conta, con i compagni invitati alla merenda". Si ingegna il Bianconi di spiegare al Belloggi la complicata filastrocca della conta, che i ragazzini si rimbalzano l'un l'altro per giuocare a nascondino e scegliere il cercatore.
Non pare proprio al Belloggi che la figliuola possa riferire alla Maestra tale idea di "queI che conta"; solo ludica, sol leggera.
Sale ancora le scale il Belloggi e bussa ora qua ed ora la, facendosi animo per parlare con i signori che tutti offrono la propria effige di "queI che conta": chi l'automobile, chi l'andare al mare, chi fare una bella carriera, chi maritarsi ad un gran signore e generare rosei figliuoli, chi avere tanto ed ancora di più. Ragguardevoli aspirazioni, per carità. Ma nulla, davvero nulla conta secondo il Belloggi, per la figliuola, per poterlo ripetere a scuola e fare bella figura con la signora Maestra.
Torna frustrato, il Belloggi, dalla figliuola al calar del sole; con le pive nel sacco per non aver scovato "quello che conta". Lo abbraccia la figliuola al rincasare. "Tanta tenacia, babbo, tanta fede nel volermi aiutare; tanto coraggio di interpellare i signori, con rispetto, con umile parola" lo accoglie la figliuola. "Mi pare proprio che si possa riferire alla signora Maestra che quel che conta non siano i denari, i giuochi o gli ori, ma la perseveranza nel cercare il responso, l'incondizionato amore e la risoluta costanza dimostrata per bramare una dignitosa e rispettabile risposta per siffatta modesta ?gliuola". "Questo, babbo" conclude la ?gliola, sorridendo al Belloggi "è quel che per me conta".