Questo è il segreto di alcuni luoghi
di villeggiatura, ti fanno sentire in un posto speciale e allo stesso tempo a
casa tua. Borno è così, un luogo inusuale, ma semplicemente famigliare.
Famigliare come questa piazza che
osservo e che sento ogni secondo più mia. La sua chiesa vigila dall'alto mentre
il campanile alle sue spalle pare una sentinella addetta alla sua sorveglianza,
la balaustra che circonda il sagrato, invece, sembra proteggerla e allo stesso
tempo accoglie i fedeli aprendosi alla scalinata.
Sono al centro di tutto, come al
centro di tutto si trova questa fontana antica che testimonia d'essere ancora
viva e vegeta sputando acqua gelida dai mascheroni di pietra. Chissà da dove
viene quest'acqua che sgorga frizzante fino a ricadere nella grande vasca
ottagonale? Probabilmente dall'alta montagna, incanalata fin qui per fare
compagnia alla gente che le passa accanto dandole occhiate confidenziali.
Ho le dita appiccicose, oramai è
rimasto sono il bastoncino di legno mentre il ghiacciolo è completamente
sparito. Immergo le mani nell'acqua fredda mentre piccoli brividi mi percorrono
la schiena.
Sotto i portici i vacanzieri si
mischiano e si confondono con gli indigeni locali, difficile capire se quella
signora anziana con il foulard al collo sia del posto o una turista,
impossibile comprendere se quel ragazzo che legge un giornale sportivo sia un
abitante di Borno o un vacanziero, arduo scremare le ragazze che passeggiano
leggere tra native o ospiti. In realtà non importa a nessuno, ognuno si gode
questa piazza per quello che è, per quello che può dare. Un giornale, un bicchiere
di vino, una chiacchiera, una piccola spesuccia, un souvenir e perché no, un
ghiacciolo alla menta che si squaglia tra le mani.
l visi delle persone che osservo
dalla mia postazione privilegiata mi sembrano famigliari, sorrisi aperti
incrociano il mio sguardo sempre meno stranito e sempre più coinvolto e
partecipe.
Alzo la testa. Le montagne attorno
sono lì sopra immobili ad osservare la vita che trascorre in questo piccolo
universo racchiuso tra i palazzi; sembrano non voler disturbare la vita degli
uomini, discrete e allo stesso tempo protettive, enormi e riservate.
Sto bene qui, vorrei trascorrerci
più tempo, non essere costretto a continuare il mio itinerario che mi porterà
lontano. Favoleggio di poter affittare una camera e trascorrerci qualche notte,
mangiare un piatto locale, bere del vino corposo, chiacchierare con qualche
pensionato in villeggiatura, scherzare con il parroco. Non sarebbe male, anzi
sarebbe proprio bello.
Il trillo crudele del cellulare mi
sveglia da questo sogno ad occhi aperti. "Arrivo!" dico scocciato
alzandomi dal muretto della fontana. Devo ripartire. Sono in ritardo, sempre in
ritardo. Come si fa a vivere una vita sempre cadenzata dalle lancette
dell'orologio e da tempi decisi da altri? Inutile filosofeggiare adesso, devo
proprio muovermi. Un refolo di vento si infila tra i palazzi e mi accarezza il
viso quasi che Borno volesse salutarmi cordiale. È' un "Ciao", no
meglio un "arrivederci", di certo non un "addio".
Riprendo a camminare ripercorrendo i
passi del mio arrivo, una ragazza incrocia il mio sguardo e sorride. Mi illudo
che sorrida proprio a me.
Prodigio della mia vanità e di
questa mattina d'estate trascorsa in una piazza speciale.