Salta l'acqua tra le rocce, salta, s'inabissa, s'incanala, salta di nuovo. Pesco. Come tante volte ho pescato nei torrenti. Pesco e studio l'acqua, l'ascolto, la guardo.
Cristallo nel suo letto granitico, così chiara... Rumore. Il torrente ha una voce forte, profonda, continua. Bella quest'acqua, cerco il punto giusto, il correntino dove c'è la trota, il piccolo giro lento dietro il sasso.
Lui mi ha insegnato a leggere l'acqua, ad annusarla, a seguirne il senso. Ore. Risalgo questo bel torrente, le trote stanno col muso a monte ad aspettare la preda,vanno prese alle spalle! Risalgo.
E l'acqua scorre, saltella, gira, si spiana. Ascolto. Mi distraggo... Così bella questa valle, rapisce gli occhi e l'anima.
Il silenzio. Il verde. Alberi, cime, rocce alte.
Ma il silenzio qui è un suono, costante, cupo, saltellante come l'acqua. Boschi così verdi e un'aria leggera. Pesco.
La prima canna da pesca papà me l'ha messa in mano che avevo forse sei anni; non l'ho mai ringraziato per questo, avrei dovuto.
Due persone s'avvicinano, in divisa, guardiapesca. A parte un sopracciglio che si solleva, non fanno notare lo stupore.
Il cappellino blu nasconde i riccioli biondi e il giubbino da pesca camuffa il resto: una donna! Che pesca! Cortesi, controllano la licenza, qualche parola sulle nuove zone di "bandita", poco altro. Voci tranquille, di montagna, serie ed accoglienti. Controllerebbero il pescato: oggi non c'è. Vanno via. Sento dietro me i loro passi sul gerato, ma coperti, ovattati: la voce del torrente è più forte e sommerge tutto.
Continuo a pescare, risalgo il torrente. Ma ormai sono distratta. La giornata è splendida.
E' splendida questa valle, pini e abeti alti e fermi, verdi. Per fortuna non sono venuta con gli stivaloni da pesca: scarponcini! Chiudo la canna: non è più tempo di pescare. Ripongo tutto nel borsotto, la terra degli "slambrotti', i lombrichi che uso per esca, sotto le unghie, la canna a tracolla e mi incammino.
L'aria è limpida, fa caldo. Entro nel bosco, più fresco. Cammino a lungo fino a non sentire più la voce del torrente, insistente e forte. Bosco. Ombroso, fermo, tenero. Arrivano, come un amico atteso, gli odori: il muschio, l'erba calda al limite degli alberi, odore di funghi, licheni, felci.
Odore di bosco. E di nuovo silenzio. O almeno quello che a noi di Milano sembra silenzio. Che in realtà è un oceano di schiocchi di rami, tonfi di pigne, ronzii di insetti. Un silenzio così pieno di suoni! Di suoni dolcissimi. Squittii, cinguettii e più resto ferma, più i suoni aumentano.
Stanca: mi siedo. Ombra, aghi di pino. Una voce che ritorna e mi dice di nuovo: ascolta! L'aria che si infiltra tra i pini, il sole che secca i rametti, il rombo (forse solo immaginato) dei ghiacciai lontani, le mille bestiole che si muovono intorno. Mi sdraio, chiudo gli occhi e per un po' ascolto. Poi riparto. Funghi! Anche quelli me li hai insegnati tu. Ci saranno, è luglio, qualcosa c'è di sicuro! Cammino. Crack, crack... da tanto non piove. Vento. Scorre tra i rami, gradito a me, ma ai funghi no! Non importa. La passeggiata è impagabile.
Silenzio, scrocchio, silenzio, ronzio, silenzio, torrente lontano, silenzio. Caldo, fruscii, vento e gli uccelli: tanti! Canti su canti su canti! Cammino, bellissima questa valle, amica, e la percorro al sicuro, nessun posto è più sicuro di qui.
Di questa ombra leggera.
Cammino e ricordo. Ricordo quando il suono dei passi sui sentieri in montagna era con te, passi sulle sassaie, sulle foglie, sulla terra, sul prato. Suoni diversi, lievi, forti.
Cammino più lenta... Clo, clo, clo..., un gallo cedrone, se ne sentono sempre più spesso: per fortuna! Lame di luce tra i rami che raccontano di un inverno ora lontano, quando la neve aveva ricoperto tutto, bianca e fredda. Rilasciando però l'umidità, che ora ascolto, necessaria al sottobosco.
Una radura: sole, prato, ronzii...
Mi fermo di nuovo. Non perché sono stanca, solo perché è bello. È bello l'odore, è bello il rumore, è bello il ricordo. Tronchi profumati e cortecce e pigne e, se guardo verso il cielo, vedo le cime rocciose così imponenti, davanti alle quali ci prende la vertigine del nulla nostro. E di nuovo quei suoni piccoli e scricchiolanti e lontani e il vento forte in alto e sotto la voce del torrente.
Quasi ora di rientrare ma non mi risolvo a farlo.Perché "CASA" è qui! Allora resto ancora un momento. Bimba di quarant'anni ad ascoltare. Lo sguardo che si fa liquido su questo verde intorno. Ad ascoltare con la pelle, con il naso, con gli occhi, con il cuore. Ad ascoltare le parole di quel papà che mi ha insegnato ad ascoltare la voce della montagna. Quel papà che ha smesso troppo presto di parlarmi, ma che mi ha regalato il modo di sentirlo ancora, ancora e per sempre ascoltando la montagna che amava, ascoltando i sassi che rotolano sul sentiero, l'acqua che scorre tra le rocce del torrente, i ronzii degli insetti nei pascoli, le pigne che cadono,gli uccelli sugli alberi. Ad ascoltare parole che sono solo nostre.
La montagna parla a tutti, Madre imponente e grande, ma ciascuno ha le sue voci da ascoltare, private, altissime.
Quella che ascolto io è allegra,calma e forte. Come le montagne. È per questo che resto ancora qui un momento, un momento ancora...
Per ascoltare, ascoltare, ascoltare...