Mi guardo allo specchio. I miei occhi osservano il personaggio che si palesa davanti a loro in questo piccolo stanzino che per l’occasione è stato trasformato in un camerino simile a quelli di Hollywood.
Scruto attentamente la mia immagine riflessa: indosso un saio marrone con una cordicella legata in vita e dei sandali da frate. Sul mio viso un’espressione tra stupore e stordimento come se non riuscissi a credere che sono proprio io quell’uomo.
Questa è la sera della prima: reciterò davanti alla platea il ruolo di Fra Lorenzo nel dramma shakespeariano “Romeo e Giulietta”.
Un sorriso mi attraversa il volto: io che tanto ho odiato la religione in passato, devo ora compiere il dovere di impersonare l’uomo di chiesa che cerca di unire in matrimonio i due innamorati di Verona.
Non so se questo ruolo mi è stato assegnato senza alcuna logica o se la scelta è stata fatta per farmi pentire del male che ho commesso circa un anno fa e che ha determinato la mia entrata in carcere.
Non è importante sapere di quale colpa le mie mani si sono macchiate. L’importante è che queste stesse mani oggi mimeranno azioni, si muoveranno al ritmo del mio cuore e trasmetteranno emozioni nel pubblico che verrà a vederci.
Il coraggio di mettermi in gioco è stato grande. La scelta di iscrivermi al corso di recitazione non è stata certo semplice. Non è stato facile lottare contro quella parte di me stesso che continuava a considerarsi uno sporco criminale, un uomo indegno di provare emozioni positive.
Eppure eccomi qui davanti a questo specchio, euforico e nello stesso tempo ansioso, come un bambino la sera prima di Natale che non vede l’ora arrivi mattina per scoprire cosa gli ha portato l’omone vestito di rosso ma che al tempo stesso teme di non trovare alcun regalo sotto quell’albero.
Ho dovuto lottare contro i pregiudizi degli altri, contro chi aveva paura a farci uscire dalle nostre celle per potere seguire le lezioni del nostro maestro all’aperto. Ho dovuto scontrarmi con gli altri detenuti che mi deridevano (come fanno tuttora e come probabilmente non smetteranno mai di fare) per avere ancora la fiducia di un riscatto, speranza che ormai, probabilmente, ha abbandonato le loro menti da tempo.
Ho dovuto fare finta di non accorgermi degli sguardi divertiti e preoccupati di coloro i quali ci guardavano per strada scrutati dalle guardie, tutti in fila indiana, con la divisa carceraria e lo sguardo rivolto verso il basso.
Se sono qui, a pochi metri dal sipario che tra poco si aprirà, è tutta opera di Eliseo la nostra guida di recitazione ma soprattutto il nostro maestro di vita. È stato lui il primo a credere in noi, nelle nostre potenzialità e debolezze presentando il progetto al direttore del carcere.
Non mi dimenticherò mai le sue parole alla prima lezione di teatro: “Questo corso è stato istituito per farvi passare qualche momento di felicità in questo luogo. Cercherò di farvi scoprire che la vita è fatta anche di piccole passioni che possono trasformare radicalmente un uomo. Siete liberi di frequentare o di abbandonare subito dopo questo incontro, ricordatevi solo questo: colui che è coraggioso è libero”.
Ed è proprio quest’ultima citazione di Seneca che mi ha accompagnato nei mesi di lavoro.
È straordinario come una frase scritta da un autore latino vissuto secoli e secoli fa possa essere così attuale e così perfetta per la mia situazione. L’idea di essere prigioniero fisicamente e libero mentalmente grazie alla forza dell’immaginazione e della recitazione si è sviluppata in me sempre di più, tanto che ora sono certo di non avere sbagliato seguendo Eliseo.
Eliseo. L’unico ad averci dato fiducia, l’unico ad essere riuscito a guardare oltre i nostri crimini, l’unico in grado di averci trasmesso un po’ di amore paterno, affetto che forse quasi nessuno qui dentro ha mai ricevuto da bambino.
Manca poco all’apertura del sipario. Tra pochi minuti avverrà il nostro debutto che forse, io me lo auguro, ci trasformerà da mostri a uomini che hanno sbagliato e desiderano una nuova possibilità.
Che cosa farò dopo questo spettacolo non lo so. Sicuramente tornerò nella cella che mi è stata assegnata. Ritornerò, però, con una nuova consapevolezza: la vittoria del coraggio è uno dei più grandi successi che possono avvenire nella vita di un uomo.