Era molto strana la tipologia di separazione matrimoniale a cui volevano giungere i miei genitori.
Erano affiatati come sempre. La mattina a colazione si riempivano di attenzioni, erano rilassati, costantemente allegri.
Dormivano insieme, andavano a far la spesa insieme e insieme affrontavano gli argomenti che riguardavano me, unica figlia, che a breve sarebbe andata all’università.
Mi era capitato di assistere alle liti furibonde dei genitori delle mie amiche, di leggerle in libri, riviste, d’averle visionate nei film; e quasi mai separazioni e divorzi avevano avuto il vanto d’ esser fluiti in una condotta civile e serena.
Perché i miei genitori si stavano per dividere ma parevano più uniti che mai?
C’era qualcosa in questa storia che mi sfuggiva. Non trovavo motivi validi per cui si lasciassero e non trovavo nemmeno coerenza in quella metodologia separatoria.
L’unico modo che avevo per scoprire qualcosa di esplicativo, era ascoltarli e spiarli quando non ero in casa, o meglio quando loro credevano io non ci fossi. Così decisi di organizzarmi.
La nostra casa era costruita in modo davvero curioso. Mio padre era un eccentrico architetto, il suo anticonformismo gli aveva procurato il nome di architetto pazzo, e negli anni aveva creato un’infinità di strutture e di case atipiche. Ogni opera realizzata lui diceva fosse un piccolo pianeta distintivo e inimitabile, e che provava ribrezzo per i complessi identici e in sequenza.
La nostra casa era dotata di tanti passaggi interni alle mura che collegavano ogni stanza. C’era una sola entrata segreta, tramite un finto camino che era situato nel seminterrato. Per entrarci noi tre, unici a sapere di questo artificio, dovevamo scendere giù e andare lì intenzionalmente. Molto spesso mia madre s’era lamentata con mio padre dicendogli che in caso di pericolo, della presenza di ladri e malintenzionati, se lei si fosse trovata in un altro spazio della casa non avrebbe avuto il tempo per andare giù, entrare dal camino e nascondersi nelle mura.
L’idea era che ad ogni stanza vi fosse stato un finto camino che avrebbe portato all’accesso del passaggio, invece l’unico collegamento che questo corridoio avesse con le stanze, era nel piccolo foro centrale del rosone decorativo, che mio padre aveva conferito ad ogni ambiente.
Il nascondiglio in casa sarebbe stato un ottimo stratagemma per spiare i miei genitori. Dovevo capire cosa stesse succedendo nella mia famiglia e per farlo dovevo infrangere qualche regola.
Una sera mi recai giù nel seminterrato. Mi piegai e mi addentrai nel camino. Una volta entrata nell’accesso ben nascosto dall’esterno, mi rimisi in piedi e cominciai a camminare lungo la corsia.
Quella stradina nei muri l’avevo percorsa pochissime volte poiché ero a conoscenza di quel passaggio segreto solamente da pochi mesi, dacché avevo raggiunto la maggiore età.
I miei genitori nel giorno del mio compleanno nascosero il regalo per me proprio in quel varco di casa, rivelandomene l’esistenza. Finché ero bambina e minorenne loro mi avevano ritenuta non affidabile e capace di custodire un segreto, ma una volta adulta mi avevano resa partecipe di tutto.
I miei genitori erano in cucina. Mio padre stava preparando la tavola per la cena, mentre mia madre stava girando lentamente il mestolo nella pentola. Si sentiva il profumo delle verdure e delle spezie.
Finalmente cominciarono a parlare. Il loro discorso s’ incentrò principalmente sull’ allontanamento l’uno dall’altro per modesti periodi. Si percepiva ad occhi chiusi che desideravano che io potessi contare su di loro per sempre.
A un tratto lei, in preda a un’improvvisa crisi nevrotica cominciò a piangere e a dire che forse non sarebbe stato giusto accettare l’invito di un certo straniero, a visitare posti nuovi e così lontani da casa.
Chi poteva essere questo misterioso signore venuto dal nulla che era riuscito a convincere i miei genitori a partire e a lasciare la propria vita, la propria casa, verso un paese ignoto? E poi dov’era questo posto? Era davvero così lontano? Tuttavia sentivo che c’erano sentimenti ambivalenti nei miei genitori. Avrebbero voluto partire insieme ma nel contempo sacrificarsi per non lasciare sola me.
Pensai che forse potevo convincerli a partire senza impensierirsi per me, in fondo ora ero un’adulta. Avrei potuto evitare questa separazione pur di renderli felici. Non m’importava dove fosse questo luogo, magari era dall’altra parte della terra, ma preferivo sacrificarmi io, piuttosto che indurre loro a vivere separati e scontenti.
I miei genitori avevano viaggiato molto poco e non erano mai stati degli aspiranti turisti del mondo, anzi, avevano sempre glorificato la terra nella quale vivevano. Per loro le radici erano corte e non serviva andare lontano per godere delle bellezze del mondo. Tutto ciò che a loro serviva e che serviva alla famiglia, era a portata di mano; nell’orto dietro casa, nel giardino di fianco, nella prosperità dell’ovile, della scuderia, nella freschezza del rivolo non molto lontano e nel tepore delle mura domestiche, nella bontà della dispensa, della condivisione relazionale e nella preziosità dell’amore vicendevole.
Il mio amore per loro non mi faceva ruzzolare nell’egoismo, per cui pensai che avrei dovuto risolvere io la questione. Avevo solo un modo per farlo e dovevo decidere in fretta. I miei genitori mi avevano dato tanto ed ora io potevo fare qualcosa per ricambiare.
A un tratto sentii mio padre enfatizzare un luogo stupendo, un posto che aveva intravisto con mia madre e che apparteneva a una dimensione diversa. Un mondo inedito affatto surrogato da quello edito. Un luogo da sapori, colori e odori diversi. Un qualcosa che non aveva nulla a che fare con tutto ciò avesse mai visto nella sua vita.
Ero perplessa. Avevo immaginato un trasferimento in Australia, in Irlanda, in qualche isola paradisiaca, ma i miei genitori parlavano di un luogo utopistico, etereo. Non potevo credere che i miei fossero impazziti, che magari quell’incidente automobilistico di un po’ di tempo fa li aveva destabilizzati.
A questo punto non potevo più assecondarli. Non potevo più appoggiare la loro stramba idea. Dovevo chiedere aiuto e trovare un modo per farli tornare in sé.
Mi alzai dalla posizione cui m’ero messa comoda e intenta ad alzare un polverone m’incamminai velocemente verso l’uscita. Avrei raccontato a tutti ciò che avevo udito perché non potevo accettare che i miei genitori avessero divulgato di una separazione matrimoniale, per un’idea folle, magari un disturbo psicologico che andava curato, insomma non potevo acconsentire che tutto il paese avesse provato pena per me, in quanto futura figlia di genitori separati, e loro si divertissero a giocare con l’immaginazione.
Appena mi trovai all’imbocco dell’uscio, accadde qualcosa di imprevedibile. Mi apparve un uomo.
Stavo quasi per urlare non solo perché disgraziatamente qualcuno aveva scoperto il passaggio segreto, ma perché forse ero in pericolo e mi trovavo di fronte a un ladro che mi avrebbe fatto del male.
L’uomo sorrise e per non prolungare il mio spavento mi disse subito d’ essere quel signore che aveva proposto ai miei genitori di dislocare in un altro mondo.
Avanzò nel passaggio infilandosi dentro e trascinandomi per un braccio. In un batterd’occhi mi mostrò un mondo fantastico. All’improvviso le pareti del varco divennero lo specchio di uno scenario affascinante, incredibile. Non potevo credere che stava succedendo per davvero. I miei genitori quindi non erano impazziti. Avevano visto ciò che stavo vedendo io.
Paesaggi d’incanto, strade eleganti, ordinate, pulite. Tetti e strutture impeccabili. Colori sconosciuti, giardini meravigliosi. Vedevo persino animali e persone passeggiare insieme senza catene, legacci, senza contese. Sarei rimasta ore ad osservare quel paradiso, ed ora potevo ben legittimare la volontà dei miei genitori nel voler vivere in un altro possibile mondo.
Avrei detto ai miei d’aver deciso di trasferirmi a Londra. Avrei finto di essere all’oscuro del loro progetto e loro non se ne sarebbero fatti nessuna colpa. Le nostre strade si sarebbero divise a cuor leggero. Perderli avrebbe significato consapevolezza della loro felicità e loro avrebbero pensato che anch’io sarei stata realizzata e felice.
Ok! Lo ammetto …. ora mi sto svegliando ... I miei genitori sono in un letto d’ospedale. L’incidente automobilistico li ha indotti in coma e i dottori non mi hanno dato nessuna speranza. Nei sogni loro son venuti a trovarmi e mi hanno mostrato in quale mondo stupendo andranno a vivere e in quale io un giorno li raggiungerò.
Sono triste ma mi sento sollevata. Godrò per sempre del loro amore, magari qualche volta verranno a trovarmi, chissà … in un passaggio segreto che costruirò nel cuore.