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Altri possibili mondi di Daniele Bertelli

Premio Letterario

"Altri possibili mondi" di Daniele Bertelli
Premio Speciale della Giuria "Istituto Bonafini Lab" – Edizione 2017


 
 
Guardava con sconforto tutti i particolari di quel mondo che stava morendo. Tutte quelle città, slanciate verso il cielo come il simbolo dell’avanzamento tecnologico che lui stesso con una parola avrebbe potuto polverizzare, tutta quella gente che nuotava nell’oro, quelli che invece pativano la fame. Quel pianeta che aveva plasmato con infinita cura, quella creatura alla quale aveva dato la sua immagine perché crescesse con ingegno e per il bene di tutti, non in modo egoistico e per la propria ricchezza. Diede un ultimo sguardo a quel mondo che una volta aveva distrutto, cosa che si era promesso di non fare più, e non riusciva a capacitarsi, nemmeno con il suo infinito sapere, come si fosse arrivati a questo punto. Si girò allora sulla scrivania, sparsa di fogli riempiti con schizzi ed abbozzi ed esordì dicendosi: “Devo creare un nuovo mondo per loro” continuando poi: “Gli uomini sono così egoisti che però rovinerebbero anche questo...” Si alzò e corrugò la fronte, come se immerso in un profondo ragionamento, poi si risiedette e ricominciò ad esprimere il proprio pensiero ad alta voce: “Sì, dev’essere simile alla Terra, l’acqua è allora un elemento essenziale, ma così anche l’ossigeno ed il resto: mari, oceani, laghi e fiumi, con monti e vallate, pianure e deserti, ghiacciai e canyon…” Cominciò a progettare, fece due calcoli veloci sul foglio e poi tracciò una grande ellisse su di un altro e, all’interno di esso, disegnò numerosi spazi verdi e blu, dando loro la forma di continenti. Guardò il risultato ma c’era qualcosa che non lo rendeva soddisfatto del suo lavoro: “No, così non va bene, il nuovo mondo deve essere simile alla Terra ma migliore.” Prese un nuovo foglio e cominciò a pensare: ”Bene, il nuovo pianeta deve essere adatto alle esigenze che gli umani hanno fino ad ora dimostrato, ma, in fin dei conti, deve essere anche un mondo che non si consumi come questo.” Iniziò allora a rimuginare su quanto appena affermato e, presa un’antiquata penna a sfera, cominciò ad appuntarsi i difetti che l’uomo per natura aveva: “Per cominciare” si disse “questo pianeta non deve dare agli umani la possibilità di usufruire ad uno un maggior numero di risorse rispetto all’altro… Ciò significa che dovrò distribuire equamente gli ambienti naturali, i climi ed i paesaggi, cosicché non si creino zone importanti e periferie.” Si fermò un attimo, come per ragionare sulle parole appena proferite: “Ma, così facendo, non valorizzerei le diversità. Allora si dovrà procedere così: ogni parte del nuovo pianeta dovrà avere una sua ricchezza sfruttabile, a questo punto nessuno diventerà più ricco di nessun altro” Guardò l’abbozzo, per la prima volta sorridendo. Poi iniziò a pensare ad altro: “Ovviamente l’uomo non dovrà avere la possibilità di costruire armi che possano far male a sé e ad altri. Toglierò da questo pianeta tutti materiali utilizzabili a questo scopo.” Iniziò a disegnare ancora più particolari. Creò le montagne con ricchezze come legname, animali che potessero essere allevati ed altri che invece potessero aiutare l’uomo. In pianura creò ampi spazi di terra coltivabile e molte foreste. Rilasciò nei mari numerose specie di pesci. Abbozzò anche i deserti, ricchi di acque sotterranee e con numerose oasi all’interno. Creò paesaggi incontaminati che l’uomo avrebbe potuto guardare in tutta la loro maestosità e bellezza, ma soprattutto si prodigò che non vi fossero assolutamente risorse da cui l’uomo potesse dipendere, rischiando di volere sempre più, senza mai accontentarsi. Guardò il disegno, gli stava riuscendo bene, ma mancava di una cosa essenziale, anche se non riusciva a capire cosa rendesse così vuoto quel mondo che pure non era inquinato, non dava la possibilità all’uomo di creare conflitti per le risorse, perché erano equamente spartite, non aveva al suo interno materiali con cui avrebbero potuto costruire armi e conteneva addirittura ricchezze paesaggistiche sparse dappertutto, perché gli umani le ammirassero e fossero fieri di un pianeta così generoso ed indistruttibile, perché Lui si era preoccupato di farlo così. Andò a riposare e rimuginò a lungo su ciò che mancasse in quel mondo, ciò che non lo rendeva migliore della Terra su cui già gli umani vivevano… Al risvegliò provò a pensare nuovamente alla sua insoddisfazione, a quel senso di vuoto che aleggiava intorno a quel pianeta così perfetto, fino a renderlo addirittura brutto ai suoi occhi. Osservando lo schizzo capì che la mancanza che dava quell’aspetto così empio e grigio a quel mondo era una sola: la felicità. Il suo animo si rallegrò e si disse: “Ho capito ciò che manca al nuovo ed al vecchio pianeta; perché creare un altro mondo se, per quanto perfetto esso sia, comunque gli uomini ci vivranno infelici? Serve un luogo dove la felicità non sia effimera ma perduri e di conseguenza migliori la vita di tutti indistintamente. Per applicare questo semplice rimedio non serve creare un nuovo pianeta, ne basta anche uno imperfetto come la Terra.”   
Motivazione della Giuria
La ricerca della felicità non passa dalla creazione di nuovo pianeta ma da uno imperfetto come la Terra.
Racconto ben costruito che mette in risalto i pregi e i difetti della nostra civiltà.
 
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