“Io ti guardo e qualcosa di te, non so cosa, mi mette a disagio
Il fatto non è che non mi piaci
e a te nessuno ha mai chiesto se io ti piaccio…”
Ascolto le prime frasi di “La ragazza nello specchio” di Lowlow che mi riportano ad un determinato momento della mia vita. Alcuni anni fa quando mi guardavo allo specchio provavo questo stesso disagio.
Da parte del mondo esterno ero stata etichettata come sbagliata. Molti mi avevano convinta che tutto quell’ammasso di difetti, che persone differenti vedevano in me, mi definisse come persona. Mi avevano convinta che l’immagine distorta che avevano di me corrispondesse alla realtà.
Con il senno di poi, se ci ripenso, ora che comincio a lasciarmi alle spalle tutte quelle etichette, credo proprio di aver ascoltato solo la voce degli altri senza ascoltare la mia voce, senza chiedere a me stessa quale fosse la mia opinione di me. Così non riuscivo neanche a credere alle opinioni positive di chi poteva essermi vicino.
“…Il mio problema è nato a maggio
Devo andare a scuola ma non ce la faccio…”
Per me andare a scuola era un incubo tanto che il mio corpo ha reagito da solo con una serie di disturbi che mi impedivano di alzarmi. Qualcosa dentro urlava: “Non ce la faccio più!”. Non ce la facevo più a sentirmi un errore vivente, a sentire continuamente il peso del giudizio del mondo sulle mie spalle. Il dolore era troppo forte.
“…sdraiata sul letto rivedo il mio film mai girato
In cui sono diversa da così. Sono migliore.
Ora chiudo le persiane pure se fuori c’è il sole…”
Sentivo una strana sensazione, come se la speranza di essere migliore di quello che gli altri mi rimandavano svanisse sempre di più. Quindi anche quando vedevo il sole dalla finestra andavo a chiudere le persiane per cercare di ritrovare l’atmosfera notturna. Perché la notte sembrava che il mondo si fermasse e niente di doloroso potesse più accadere.
In realtà mi chiudevo ancora di più nella mia bolla di disperazione e rimpianti.
“…Mi fai schifo non ti voglio,
di te non ho bisogno, io conosco il mio corpo…”
C’era una parte di me che non voleva credere di essere così sbagliata e ce n’era un’altra che invece forse aveva fatto suo il punto di vista degli altri e mi remava contro.
E’ difficile da spiegare ma era come se dentro di me vivessero diverse persone e quella che voleva avere fiducia in me stessa venisse soffocata dalle altre.
“…tutto a posto, tutto a posto mica tanto
Io non piango ma perdo l’equilibrio e cado mi rialzo, è tutto a posto.
Non voglio lasciarti vincere anzi non posso.
Non mi servi tu non mi serve il parere vostro
In nome del quale mi state con gli occhi addosso…”
Qualcosa dentro di me dopo un po’ di tempo ha cominciato a stancarsi della prigione che io stessa avevo costruito. (Anche se era sia prigione che castello difensivo). Non volevo più sentire quelle cattiverie da parte degli altri che avevo finito per ripetermi da sola.
“…Ora guardo il cielo e sembra un quadro di Rhotko
e penso che dentro me c’è qualcosa di rotto
ed eri tu a farmi sentire un mostro
a farmi sentire sporca, a farmi sentire in colpa
quello che ero una volta ormai è morta
tanto a nessuno importa, tanto nessuno ascolta…”
Finalmente iniziavo a rendermi conto che potevo far tacere io quelle voci che mi facevano star male ma le avevo fatte mie per così tanto tempo che avevo la sensazione che qualcosa di rotto in me sarebbe comunque rimasto. Infatti sentivo che un dolore così forte avrebbe lasciato un segno come crepe che il tempo poteva rimpicciolire ma mai cancellare del tutto.
Forse era anche l’ora che morisse quella parte di me che mi soffocava.
“…Non sei un ragazzo che si è comportato male, no
neanche un’amica sleale
non è una stupida cotta adolescenziale
non è droga sintetica o naturale
sono normale, giuro sono normale…”
Per tanto tempo avevo attribuito a me stessa la colpa per il dolore che gli altri mi infliggevano pensando forse di meritarmelo per il mio essere inadeguata, forse perché volevo andare bene a tutti i costi.
Devo dire che cercare di sembrare “normale” mi faceva fare una grandissima fatica, sentivo che mi spezzava le ali.
“...La vita scivola dalle tue mani
Ma sari in piedi anche domani
Troverai, troverai veramente un senso a questo niente
E quell’amore che ti meritavi
Sarà bellissimo domani
Capirai, capirai finalmente tutto il coraggio che ti serve”
Torno al presente, quello che vorrei urlare, se fosse possibile, a quella che ero prima per far capire che tutta quella confusione, tutti quegli errori, tutto quel sentirsi sbagliata e anche vuota, tutto quel sentirsi niente finirà!
Forse sto trovando veramente un senso in quello che pensavo non avrei mai capito.