“Fai piano, sveglieremo tutti!” sussurrai ridendo mentre, una volta che fu uscita anche lei, socchiudevo la portafinestra che dava sul terrazzo. Ci avvicinammo alla ringhiera, in lontananza si scorgevano le luci della città, i fari delle auto che, nonostante l’ora tarda, correvano veloci sulla strada e, in sottofondo, si udiva la sirena, forse di un’ambulanza o forse di un’auto della polizia, non ho mai capito bene la differenza a dir la verità. Ci sedemmo a terra, una accanto all’altra, la schiena contro il muro. Lei fece partire della musica dal telefono, a volume bassissimo. Dalla tasca dei jeans presi una sigaretta e l’accesi sotto il suo sguardo attento. “Fumi?” le chiesi guardandola negli occhi per poi aspirare. Lei scosse la testa mentre scostava lo sguardo puntandolo sulle sue mani “No”. Feci un mezzo sorriso poi poggiai la testa contro la parete e chiusi gli occhi mentre mi godevo la leggera brezza estiva sul viso, si stava bene quella notte. Dopo pochi istanti la sentii sussurrare “Sono bellissime, vero?”. “Che cosa?” aprii gli occhi e la trovai a contemplare il cielo con aria sognante. “Le stelle” rispose “Hanno un che di affascinante, non trovi? Così lontane, fredde… bellissime. Brillano di luce propria. Bruciano eppure sono così fredde nella loro distanza. Oggetto di così tante domande di cui sono le sole a custodire gelosamente le risposte. Poeti, scrittori, scienziati, persone comuni… sempre tutti ad ammirarle da lontano ponendosi domande, facendo supposizioni, sognando, confidandosi con loro. Testimoni di tutte le Ere, tutte le guerre e tutte le persone che, in silenzio, sono passate su questa terra.”. Mi presi del tempo per studiarla, i capelli lasciati sciolti sulle spalle, la frangetta divenuta troppo lunga, il naso all’insù, le labbra piene stirate in un sorriso appena accennato che permetteva di intravedere una fossetta sulla guancia, gli occhi illuminati da un luccichio particolare mentre parlava. Rimanemmo così per diversi minuti, lei ad osservare le stelle, io ad osservare lei. Alzai anch’io lo sguardo al cielo, quella notte era stranamente limpido e, se non fosse stato per l’odore di pioggia che ancora si sentiva nell’aria, nessuno avrebbe mai detto che quel pomeriggio c’era stato un vero e proprio temporale. Appena partirono le prime note di “High” lei prese in mano il telefono e mise la canzone successiva. La guardai con aria interrogativa e lei, come in risposta a un’implicita domanda, alzò semplicemente le spalle “Porta a galla ricordi non proprio felici”. Aveva lo sguardo basso, le spalle leggermente incurvate, giocava con i lembi delle maniche della felpa, tirate su fino a coprirle quasi interamente le mani e si mordeva il labbro inferiore con i denti. “Che ne dici se le attribuiamo un altro ricordo?” domandai senza pensarci. Mi rivolse uno sguardo confuso “In che senso?”. Feci un sorriso furbo “Ti piace ballare?”, lei sempre più confusa rispose “Mi piacerebbe ma non lo so fare.”. “Bene, neanche io!” esclamai per poi buttare la sigaretta, ormai finita da un pezzo. Presi il suo telefono e rimisi la canzone precedente alzando di poco il volume, mi alzai in piedi le allungai una mano invitandola a fare lo stesso. Lei la afferrò esitante. La tirai verso di me e le cinsi la vita con le braccia mentre lei intrecciava le mani dietro il mio collo. Non appena partirono le prime note della canzone iniziammo a ridere di noi stesse e a muoverci seguendone il ritmo lento. Volevamo solo divertirci e lo stavamo facendo; volevamo goderci quella notte estiva, chissà quando avremmo avuto la possibilità di passarne un’altra insieme. Continuammo a dondolare e a fare giravolte fino a quando ultime note non si propagarono nell’aria. Restammo abbracciate a ridere per diversi secondi, finché ad un tratto, facendo un passo indietro, non cadde per terra e io su di lei. Riprendemmo a ridere per l’assurdità della situazione, noi lì, stese sul pavimento del terrazzo, a notte fonda, a guardare le stelle e a ridere; ridere di noi, della vita, con le stelle come uniche testimoni di quella notte d’estate, con la musica dei “5 Seconds of Summer” come colonna sonora della tacita promessa che quei momenti non si sarebbero mai interrotti.